Organizzato dalla comunità MASCI SS 2 di Santa Maria di Betlem, il 23 febbraio si è tenuto un convegno sulla storia di un gruppo di ragazzi scout di Milano e Monza: le Aquile Randagie. Il capo scout Emanuele Locatelli, divulgatore della storia delle Aquile Randagie e curatore di diverse pubblicazioni in materia, ha conosciuto personalmente gli ultimi membri ed è venuto a Sassari a raccontare le loro memorie ai presenti.
I loro ricordi descrivono un Italia che viveva nella morsa del fascismo, dove le persone seguivano un regime di vita oppressivo e che annullava la libera volontĂ . Il governo aveva imposto lo scioglimento di tutte le organizzazioni che non erano sotto il suo diretto controllo, comprese le associazioni scout.
Il 22 aprile 1928 è la data che segna la chiusura dei gruppi scout di Milano evengono deposte sull’altare del Duomo, le fiamme di tutti i reparti eccetto una: quella del Milano II. Nello stesso giorno gli esploratori di questo reparto si ritrovarono nella cripta della chiesa del Santo Sepolcro, attorno ad Andrea Ciacco che fa la promessa nelle mani del capo reparto Giulio Cesare Uccellini. Inizia lo scautismo clandestino che durerà quasi 17 anni.
Vissero con il timore di essere scoperti e con il terrore che le loro famiglie fossero soggette a rappresaglie da parte dei fascisti. Ma non era solo la lotta contro un regime dittatoriale che li faceva andare avanti, era il bisogno di vivere una vita scout secondo la loro Legge. Proseguirono le loro attivitĂ , in perfetta uniforme, nei boschi intorno Milano lontani da occhi indiscreti, rischiando la vita.
Fondarono l’ O.S.C.A.R, Opera Scautistica Cattolica Aiuto Ricercati, ed espatriarono chiunque fosse perseguitato dai fascisti ed in seguito gli stessi nazi-fascisti perseguitati dal popolo italiano. Gli espatri clandestini effettuati dall’O.S.C.A.R. furono 2.166.
Ciò che ha permesso alle Aquile Randagie di resistere per così tanto tempo sono stati vari fattori, primo tra tutti le personalità carismatiche e creative dei capi che riuscirono a coinvolgere i ragazzi e farli crescere secondo gli ideali scout, permettendo loro di trovare se stessi e di forgiare legami di amicizia veri e sinceri, in un periodo nel quale chi pensava in maniera diversa veniva ucciso. I capi erano vicini ai ragazzi, credevano in loro, e per primi dimostravano la loro passione in ogni attività . La fede, componente primaria del gruppo, li legava in maniera indissolubile, infatti tre di essi diventarono sacerdoti. Ma soprattutto essi dovevano essere ribelli in quanto dovevano andare contro il pensiero dominante. Se a quel tempo si doveva lottare contro il fascismo, la guerra, l’oppressione e l’intolleranza, oggi a tutto questo va aggiunto il consumismo e l’esteriorità .
Emanuele si è fatto portavoce non solo della storia delle A.R., ma anche di ciò che esse avevano maturato: lo scautismo non è un momento scandito da determinate ore di attività , ma è qualcosa che forgia donne e uomini liberi.
Chiara Lecca